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Le notifiche telematiche alle pubbliche amministrazioni: correzioni in corsa tra problemi vecchi e nuovi

1.  Si potrebbe sostenere che il legislatore abbia voluto ascoltare le critiche sollevate da tante parti nei riguardi del sistema delle notificazioni telematiche degli atti giudiziari alle pubbliche amministrazioni [1]. Invero, con l’art. 28 del d.l. 16 luglio 2020, n. 76 (cd. “decreto semplificazioni”), convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120, egli ha apportato alcuni correttivi alla disciplina della materia, nell’intento di porre rimedio alle illogicità più evidenti.

Per comprendere la questione, giova rammentare, in sintesi, che la notifica telematica degli atti giudiziari può essere effettuata esclusivamente agli indirizzi di posta elettronica certificata risultanti da pubblici registri [2]. Inizialmente, tra gli elenchi utilizzabili era compreso l’indice degli indirizzi delle Pubbliche Amministrazioni (cd. “registro I.P.A.”) [3], che ha costituito il primo elenco di indirizzi pec previsti dal nostro ordinamento e che era originariamente destinato ad ogni genere di corrispondenza con la Pubblica Amministrazione.

Successivamente, la possibilità di utilizzare questo elenco per le notifiche degli atti giudiziari è venuta meno [4], e si è previsto che a tali fini si dovesse ricorrere esclusivamente ad un diverso elenco di indirizzi pec delle Pubbliche Amministrazioni (PP.AA.), tenuto dal Ministero della Giustizia ed accessibile ai soli operatori del processo. Per assicurare la funzionalità del nuovo sistema, tutte le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto iscrivere nel nuovo registro, entro il termine del 30 novembre 2014, l’indirizzo prescelto per le notifiche degli atti giudiziari [5]; ma questa disposizione, che avrebbe dovuto favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, è rimasta però in larga parte inapplicata, perché solo un numero minimo delle amministrazioni obbligate ha provveduto ad iscrivere il proprio indirizzo pec nell’apposito registro; la maggior parte di esse – tra cui l’INPS e quasi tutti gli enti locali – si è invece sottratta all’adempimento di tale obbligo.

Questa situazione non ha influito sulle notifiche telematiche alle amministrazioni statali, che fruiscono della domiciliazione presso l’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’art. 144 c.p.c. e dell’ art. 11, comma 3, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, nel testo introdotto dall’art. 1, l. 25 marzo 1958, n. 260. Infatti, l’Avvocatura erariale – già legittimata a ricevere le notifiche telematiche per effetto della sua iscrizione nel REGINDE – ha regolarmente provveduto ad iscrivere i propri indirizzi per la notifica degli atti giudiziari anche nel nuovo registro PP.AA. di cui all’art. 16, comma 12, del d.l. n. 179/2012.

Per le altre amministrazioni, invece, la violazione dell’obbligo di iscrizione nel nuovo registro PP.AA. ha prodotto effetti paradossali: essa è rimasta priva di conseguenze sanzionatorie per le amministrazioni inadempienti, e si è tradotta nella potestà di sottrarsi unilateralmente al sistema delle notifiche telematiche degli atti giudiziari, per l’impossibilità di utilizzare sia l’indice I.P.A. (perché non più ammesso a tali fini), sia il nuovo registro degli indirizzi PP.AA. (perché privo dell’indirizzo del destinatario).

Come corollario, i soggetti che avessero inteso proporre una causa nei confronti di queste amministrazioni sono stati costretti a riesumare il tradizionale e più oneroso sistema delle notifiche cartacee. Chi avesse confidato nella persistente validità delle notifiche telematiche mediante spedizione al registro I.P.A., in continuità con le forme di modernizzazione del sistema giudiziario ormai sperimentato, si è trovato esposto ad ipotesi di nullità della notificazione ovvero – nel caso di ricorsi amministrativi, da proporre entro il termine di 60 giorni dalla data di conoscenza legale dell’atto – ad ipotesi di decadenza dal potere di impugnazione (salva, in questo caso, la discrezionale determinazione dell’amministrazione convenuta di costituirsi spontaneamente in giudizio e di sanare l’intervenuta nullità).

2. Con la citata novella del “decreto semplificazioni” il legislatore ha inteso rimediare a questa irragionevole disciplina. La novella legislativa ha lasciato invariata la regola generale secondo cui la notifica degli atti giudiziari deve essere eseguita agli indirizzi tratti dai registri tassativamente richiamati dall’art. 16 ter, comma 1, del d.l. n. 179/2012 [6]; ha tuttavia inserito nel predetto art. 16 ter il comma 1 ter, con cui ha previsto una modalità di notifica telematica alternativa per il caso in cui un’Amministrazione pubblica, ancorché obbligata, abbia omesso di inserire il proprio indirizzo pec nel registro delle PP.AA. a ciò dedicato. In tali casi, le notificazioni nei suoi confronti potranno essere effettuate, a tutti gli effetti, al domicilio digitale risultante dal tradizionale elenco degli indirizzi delle amministrazioni pubbliche, attualmente disciplinato dall’articolo 6 ter del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell’Amministrazione Digitale (cd. elenco “I.P.A.”).

In realtà, non tutto è risolto. Come emerge dalla stessa norma modificativa, possono sorgere problemi qualora in quest’ultimo elenco risultino indicati più domicili digitali per la stessa amministrazione pubblica; in tal caso, occorrerà individuare l’indirizzo di posta elettronica certificata primario indicato nella sezione ente dell’amministrazione pubblica destinataria, secondo le previsioni delle Linee guida dell’Agenzia per l’Italia Digitale. Inoltre, se la notifica deve essere effettuata presso specifici organi o articolazioni, anche territoriali, dell’amministrazione destinataria, occorrerà individuare l’indirizzo di posta elettronica certificata espressamente indicato nell’elenco IPA per detti organi o articolazioni. Nel caso di notifiche ad Amministrazioni con articolazione complessa diverse dallo Stato (per il quale vale la speciale disciplina stabilita dall’art. 25 c.p.c. e dall’art. 6 del r.d. n. 1611/1933), queste difficoltà possono generare complicati problemi processuali di carattere pregiudiziale ed esporre l’attore o il ricorrente a rischi di nullità e di decadenza dall’azione proposta.

Ciò nonostante, occorre salutare con relativo favore la disposizione in esame, la quale – restituendo all’elenco I.P.A., sia pure in via sussidiaria, una funzione che aveva ormai perduto – ridona carattere di generalità alla notifica telematica degli atti giudiziari alle pubbliche amministrazioni. Si tratta di una elementare applicazione dei principi di efficienza, auto-responsabilità e trasparenza, perché consente di ricorrere in ogni caso agli strumenti informatici per attivare un giudizio nei confronti dell’amministrazione pubblica ed induce quest’ultima ad adempiere ai suoi obblighi di informazione, qualora preferisca ricevere gli atti giudiziari ad un indirizzo dedicato.

3. La novella legislativa non si ferma qui, ma introduce anche una disciplina più articolata del registro delle PP.AA., prendendo in specifica considerazione i casi in cui un’amministrazione pubblica disponga di sedi periferiche presso cui effettuare le notifiche o affidi il patrocinio ad un proprio dipendente, avendo la facoltà di difendersi da sé. A tal riguardo, ad integrazione della disciplina del citato art. 16, comma 12, del d.l. n. 179/2012, stabilisce che le amministrazioni pubbliche “possono comunicare” – oltre all’indirizzo pec della propria sede centrale – “anche gli indirizzi di posta elettronica certificata di propri organi o articolazioni, anche territoriali, presso cui eseguire le comunicazioni o notificazioni per via telematica nel caso in cui sia stabilito presso questi l’obbligo di notifica degli atti introduttivi di giudizio in relazione a specifiche materie ovvero in caso di autonoma capacità o legittimazione processuale”; prevede altresì che “per il caso di costituzione in giudizio tramite propri dipendenti”, le stesse amministrazioni pubbliche “possono altresì comunicare ulteriori indirizzi di posta elettronica certificata, riportati in una speciale sezione dello stesso elenco di cui al presente articolo e corrispondenti a specifiche aree organizzative omogenee, presso cui eleggono domicilio ai fini del giudizio”.

La prima disposizione suscita perplessità, nella parte in cui sembra configurare una mera facoltà, anziché un preciso obbligo, a carico delle amministrazioni articolate in organi che siano dotati di propria autonoma capacità o legittimazione a stare in giudizio o che siano comunque destinatari della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, in base a specifiche disposizioni di legge. Invero, la norma dovrebbe essere coordinata con l’art. 14, comma 1 bis, del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 28 febbraio 1997, n. 30, per il quale: “Gli atti introduttivi del giudizio di cognizione, gli atti di precetto nonché gli atti di pignoramento e sequestro devono essere notificati a pena di nullità presso la struttura territoriale dell’Ente pubblico nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati”. Sembra evidente che, per consentire la notifica informatica di tali atti all’indirizzo risultante dal registro delle PP.AA. di cui all’art. 16, comma 12, del d.l. n. 179/2012, sarebbe necessario che gli enti destinatari inseriscano in tale registro l’indirizzo pec degli organi periferici destinatari, e che – in mancanza – la notifica nei loro confronti dovrebbe essere effettuata all’indirizzo risultante dall’elenco I.P.A., ai sensi dell’art. 16 ter, comma ter, del d.l. n. 179/2012, che si è innanzi esaminato.

Ulteriori ed ancor maggiori perplessità suscita la seconda disposizione, concernente la formazione di una speciale sezione in cui ospitare gli indirizzi di posta elettronica certificata dei funzionari pubblici a cui sia affidata la difesa della causa, nelle ipotesi in cui l’amministrazione abbia la facoltà di difendersi autonomamente, senza patrocinio di un’avvocatura pubblica o di un difensore abilitato. Tale norma contrasta con una consolidata tradizione, che tende a negare rilevanza esterna al funzionario incaricato della difesa della causa e ad imputare la sua attività difensiva direttamente alla amministrazione di appartenenza, complessivamente ed impersonalmente considerata.

Nella nuova prospettiva, il funzionario incaricato della attività di difesa assume una posizione comparabile a quella dell’avvocato titolare delle funzioni di patrocinio dinanzi all’autorità giudiziaria. Ciò suscita problemi di compatibilità con l’ordinamento professionale e di disciplina dell’incarico conferito. In mancanza di una normativa idonea, non è chiaro in particolare quali siano i margini di autonomia del funzionario incaricato e quali i suoi obblighi di rispetto delle eventuali direttive ricevute dai superiori gerarchici nell’ambito del rapporto di lavoro.

A ciò si aggiungono possibili problemi di organizzazione, nel caso di sostituzione del funzionario-difensore o di temporanei impedimenti o assenze dal servizio. La notifica degli atti al suo personale indirizzo pec, anziché a quello dell’ufficio legale dell’ente, è idonea a generare errori e confusione, con prevedibili pregiudizi per l’efficienza dell’attività difensiva.

Infine, la norma affida alla discrezionalità dell’amministrazione la determinazione delle modalità della notifica. Infatti, se essa sceglie di inserire il nominativo del proprio funzionario nella speciale sezione del registro delle PP.AA., la notifica dovrà essere effettuata nei suoi confronti, mediante invio alla sua pec personale; se invece non si avvale di tale facoltà, occorrerà fare riferimento all’indirizzo pec della stessa amministrazione. Questa aleatorietà non sembra conforme ai principi di certezza che dovrebbero contraddistinguere le regole processuali, e quelle in tema di notificazione in particolare.

4. In buona sostanza, la novella legislativa cerca di correggere la più rilevante anomalia delle notifiche telematiche alle pubbliche amministrazioni diverse dallo Stato, ma non elimina (e, per alcuni aspetti, aggrava) le approssimazioni di una disciplina frastagliata e farraginosa, che si è formata in modo alluvionale attraverso continui e progressivi aggiustamenti e sulla base di soluzioni largamente empiriche. Peraltro, analoghe considerazioni devono svolgersi, se si allarga lo sguardo all’intero ambito delle notifiche degli atti giudiziari. Se si estende la prospettiva, emerge infatti che l’intero sistema normativo della materia, che deve assicurare la regolarità del contraddittorio e la rituale conoscenza degli atti processuali, si articola in un puzzle di leggi e di norme difficilmente riconducibile ad unità.

La disciplina delle notifiche cartacee si ripartisce tra una pluralità di leggi (gli artt. 137 e ss. del codice di procedura civile; la l. 20 novembre 1982, n. 890, sulle notifiche a mezzo posta; la l. 21 gennaio 1994, n. 53, sulle notifiche in proprio) e di disposizioni speciali (quali, in primo luogo, le già citate norme sulle notifiche alle amministrazioni dello Stato e quelle sulle notifiche agli enti dotati di organi periferici). Per le notifiche telematiche, ai principi generali contenuti nella normativa anzidetta si aggiunge un’infinità di norme tecniche sparpagliate di qua e di là, che stabiliscono le regole fondamentali (artt. 3 bis, e 6, comma 1, l. n. 53/1994), individuano i registri utilizzabili (16 ter, d.l. n. 179/2012), disciplinano la loro gestione e la loro consultazione (art. 6 quinquies, d.lgs. n. 82/2005), prescrivono i requisiti di validità e di attestazione di conformità degli atti informatici (originali ed in copia), dei loro duplicati e delle loro copie (artt. 20, 22, 23 bis, commi 1 e 2, d.lgs. n. 82/2005 ed artt. 16 bis, comma 9 bis, ed artt. 16, decies ed undecies, d.l. n. 179/2012), dettano le particolari norme tecniche, diverse le une dalle altre, per le varie tipologie di giurisdizione (civile, amministrativa, tributaria, contabile). Al disordine sistematico si aggiungono le incertezze normative e giurisprudenziali sui possibili vizi dell’attività notificatoria (come quelli derivanti dai possibili conflitti tra indirizzi risultanti da diversi registri o sugli effetti degli errori tecnici di trasmissione e/o di consegna), oltre ai vari altri problemi – come quelli che si è cercato di delineare innanzi – che possono derivare dalla introduzione di frettolose disposizioni di dettaglio, non inquadrate nell’ambito di principi generali.

La frenesia del legislatore si giustifica solo in parte con la novità della materia e con la rapidità del progresso tecnologico, che è stato necessario inseguire con l’attività regolamentare. Sembrano ormai maturi i tempi per elaborare una normativa più organica ed uniforme, in modo da offrire regole più certe, migliore efficienza e maggiori garanzie di corretto svolgimento del processo.

Alessandro De Stefano

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[1] Si veda al riguardo, in questo sito, A. DE STEFANO, L’arcano caso delle notifiche telematiche alle Pubbliche Amministrazioni.

[2] Questa regola è stata introdotta dall’art. 3, comma 3 bis, della l. 21 gennaio 1994, n. 53, inserito dall’art. 25, comma 3, lett. b), l. 12 novembre 2011, n. 183, ed è stata trasfusa nel nuovo articolo 3 bis della stessa legge n. 53/1994, introdotto dall’art. 16 quater, comma 1, lett. d), d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221. Gli elenchi ammessi sono specificati nell’art. 16 ter, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221.

[3] Tale tesi è suffragata dal fatto che l’art. 16 ter del d.l. 179/2012 faceva riferimento a tutti gli elenchi previsti dall’art. 16 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, modificato dalla legge di conversione 28 gennaio 2009, n. 2, e perciò anche all’elenco I.P.A., che – già contemplato dall’art. 47, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 – era richiamato dal comma 8 di tale norma.

Il registro di cui trattasi è stato poi formalmente disciplinato dall’art. 57 bis del d.lgs. 82/2005, introdotto dall’art. 17, comma 29, d.l. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla l. 3 agosto 2009, n. 102. Tale norma è stata poi abrogata dall’art. 64, comma 1, lett. j), d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179, a decorrere dal 14 settembre 2016, ed è stata sostituita dall’art. 6 ter del d.lgs. 82/2005, inserito dall’ art. 7, comma 2, del medesimo d.lgs. 179/2016, n. 179, a far corso dalla stessa data.

La gestione di tale registro era inizialmente affidata al “Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione”, poi denominato DigitPA, e successivamente dall’Agenzia per l’Italia Digitale, giusta art. 20 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con legge 7 agosto 2012, n. 134.

[4] L’ art. 45 bis, comma 2, lett. a), n. 1), d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, ha modificato 16 ter del d.l. 179/2012, precisando che potesse essere utilizzato il solo registro previsto dall’art. 16, comma 6, del d.l. 185/2008, ed escludendo quindi l’utilizzabilità del registro I.P.A., contemplato dal comma 8.

[5] Questo elenco è stato istituito dall’art. 16, comma 12, del d.l. 179/2012, che nel testo originario disponeva che: “Al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, comunicano al Ministero della giustizia, con le regole tecniche adottate ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto l’indirizzo di posta elettronica certificata conforme a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e successive modificazioni, a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni. L’elenco formato dal Ministero della giustizia è consultabile solo dagli uffici giudiziari e dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti”.

Il termine per l’iscrizione dell’indirizzo pec nel predetto registro è stato prorogato al 30 novembre 2014 a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 47, comma 1, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n. 114.

[6] Questi registri sono attualmente i seguenti: a) l’ “Indice nazionale dei domicili digitali (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti” gestito dal Ministero per lo sviluppo economico, di cui all’ articoli 6 bis, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell’amministrazione digitale; b) l’ “indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese”, disciplinato dall’art. 6 quater del d.lgs. 82/2005, realizzato e gestito dall’Agenzia Italia Digitale; c) l’ “anagrafe nazionale della popolazione residente – ANPR”, di cui all’art. 62 del d.lgs. 82/2005; d) il già citato elenco degli indirizzi delle Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 16, comma 12, del d.l. 179/2012; e) il registro delle imprese, a cui le imprese costituite in forma societaria sono tenute a comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata al momento della domanda di iscrizione, ai sensi dell’art. 16, comma 6, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, l. 28 gennaio 2009, n. 2; f) il registro generale degli indirizzi elettronici (REGINDE), gestito dal Ministero della Giustizia e regolamentato dal d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, in attuazione dei principi previsti dal d.lgs. n. 82/2005, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito dalla l. 22 febbraio 2010, n. 24.