Convegno su “Le reti di impresa”
Il giorno 12 gennaio 2018 si è svolto in Roma, nella prestigiosa cornice della Sala Vanvitelli presso l’Avvocatura Generale dello Stato, il convegno sul tema: “Le reti di impresa: profili di diritto nazionale ed europeo”, organizzato dall’Associazione Forense per l’Europa (A.F.E.), in collaborazione con l’Associazione Italiana Giuristi Europei (A.I.G.E.) e con la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma.
Al convegno ha partecipato un folto auditorio, anche in rappresentanza di organizzazioni di imprese.
Dopo il saluto dell’Avvocato Generale, il Presidente dell’A.F.E., avv. Giuseppe Fontana, ha illustrato le motivazioni dell’evento, che – nel rispetto delle finalità statutarie dell’Associazione, costituita nello scorso mese di dicembre – intende promuovere l’analisi multidisciplinare di problematiche giuridiche di grande attualità, connesse all’evoluzione dell’ordinamento giuridico nella dimensione europea, onde fornire alla società civile servizi professionali sempre più adeguati. Analoghi intenti sono stati espressi, in un’ottica di cooperazione, dai rappresentanti dell’A.I.G.E. e della Scuola di Specializzazione dell’Università “La Sapienza”.
È seguita la prolusione del Prof. Avv. Dimitrios Triatafyllou, componente del Servizio giuridico della Commissione Europea, il quale ha analiticamente esposto, con puntuali riferimenti giurisprudenziali, i principi dell’Unione in tema di gruppi e di reti di impresa. In particolare, egli ha sottolineato la differenza tra le intese vietate, perché restrittive della concorrenza, e quelle ammesse o incoraggiate, perché idonee a favorire la crescita economica e l’innovazione. In quest’ultimo ambito si può collocare la disciplina delle reti di impresa, finalizzata a promuovere virtuosi processi di aggregazione delle piccole e medie imprese, affinché possano rispondere più efficacemente alle sfide di un mercato globalizzato.
I lavori del convegno, presieduti dal Presidente aggiunto della Corte di Cassazione dott. Renato Rordorf nelle ore mattutine e dal Presidente emerito della Corte Costituzionale prof. Giuseppe Tesauro nelle ore pomeridiane, si sono incentrate sulle relazioni del prof. Mario Libertini, dell’avv. Adriano Raffaelli, della prof. Giuliana Scognamiglio e dei proff. Tiziano Treu, Fabio Cintioli e Giuseppe Melis, che hanno esaminato i profili civilistici, amministrativistici, commerciali, lavoristici e fiscali delle reti di impresa, come disciplinate dall’art. 3, comma 4 ter, del d.l. n. 5 del 2009, variamente modificato da successivi interventi normativi. Le relazioni sono state integrate dagli interventi programmati di numerosi avvocati e docenti, che hanno esaminato i principali aspetti specifici della vigente normativa nazionale ed europea.
Le relazioni e gli interventi hanno posto in evidenza che il contratto di rete (che può evolversi fino alla costituzione di un nuovo soggetto giuridico incaricato di eseguire il programma comune) costituisce uno strumento flessibile che consente alle imprese di aggregarsi in varie forme e secondo le proprie specifiche esigenze, conservando la propria autonomia ed individualità, al fine di realizzare sinergie ed economie di scala. Alla pari di altri analoghi istituti elaborati dalla normativa e dalla prassi (come i consorzi, i distretti logistici, le filiere produttive), esso intende rispondere alle esigenze del nostro sistema economico, caratterizzato dalla estrema diffusione di imprese di piccole e medie dimensioni che possono ritrovare nella reciproca cooperazione lo strumento e la condizione per svilupparsi in un mercato di dimensioni sempre più vaste. L’analisi statistica rileva che l’istituto ha ricevuto una discreta applicazione, essendo stati stipulati più di 4.000 contratti di rete che hanno coinvolto oltre 23.000 imprese; esso è suscettibile di considerevole sviluppo negli anni futuri, perché sembra rispondere ad esigenze reali del mondo economico.
Il sistema normativo si presenta “a maglie larghe”, perché si esaurisce nella definizione di uno schema generale che deve essere definito dalle parti nell’esercizio della propria autonomia privata. Esso si avvale di alcune norme di favore, come quelle relative all’assunzione di lavoratori in comune, alla partecipazione congiunta alle gare di appalto, alla possibile fruizione di finanziamenti europei, al godimento di benefici fiscali in agricoltura.
Tuttavia, la vaghezza della disciplina determina problematiche ed incertezze suscettibili di limitare l’efficienza dell’istituto e di scoraggiare il suo utilizzo da parte delle imprese potenzialmente interessate. In particolare, appare incerta la linea di confine tra il contratto di rete lecito, perché concretamente giustificato da prospettive di innovazione e crescita, e quello vietato, perché contrario alla disciplina anti-trust; parimenti incerti sono gli obblighi di contabilità e bilancio della rete e gli effetti dell’insolvenza, nel caso di costituzione di un fondo comune; sono altresì aperti i problemi relativi alla disciplina del contratto di lavoro, in caso di rete tra imprese che operano in diversi settori di attività; le problematiche fiscali possono ritenersi chiaramente definite solo nell’ipotesi della costituzione di una rete-soggetto, che tuttavia non sembra differenziarsi efficacemente da un qualsiasi altro soggetto di diritto, costituito in forme diverse.
In tali circostanze si rivela decisivo il ruolo dell’interprete per colmare le incertezze ed i vuoti normativi. Si ravvisa inoltre l’opportunità di più incisive misure incentivanti di natura fiscale e/o previdenziale e di interventi interpretativi più coordinati delle pubbliche Amministrazioni, nel rispetto di una coerente politica economica e finanziaria che promuova efficacemente i fenomeni di innovazione e di crescita mediante l’adeguamento del sistema produttivo alle nuove sfide del mercato.
Di seguito, una sintesi delle relazioni dei proff. Mario Libertini e Giuseppe Melis. Continua a leggere