Chi giudica sulla legittimità delle strategie di contrasto delle compensazioni indebite?
Due miei articoli, recentemente pubblicati sulla rivista informatica “Quotidiano Più” della Giuffrè, sollevano il problema della legittimità della nuova strategia instaurata dall’Agenzia delle Entrate e dall’INPS per contrastare l’illecito fenomeno dell’utilizzo di crediti tributari inesistenti per il pagamento di contributi previdenziali. Per l’approfondimento della questione, che assume enorme rilevanza nel sistema unitario della riscossione disciplinato dall’art. 17, d.lgs. n. 472/1997, rinvio ai predetti articoli, consultabili ai seguenti link: https://www.quotidianopiu.it/dettaglio/10317884/niente-durc-in-caso-di-compensazioni-indebite-di-crediti-dimposta e https://www.quotidianopiu.it/dettaglio/10329683/compensazioni-illegittime-di-crediti-inesistenti-la-soluzione-di-assonime.
In estrema sintesi, l’INPS per un verso assume l’impropria funzione di esattore dell’Agenzia, affiancandosi all’ADER nel ruolo di agente della riscossione, e per un altro verso si traveste esso stesso da creditore delle stesse somme già pretese dall’Agenzia, duplicando l’obbligazione e trasferendo nell’ambito del rapporto contributivo le problematiche che riguardano il rapporto tributario: un vero e proprio guazzabuglio, che appare utile a “stritolare” il contribuente infedele, ma che risulta privo di base normativa e si pone in manifesto contrasto con la legislazione vigente.
Il fatto più preoccupante, che sembra incidere sulle fondamenta stessa del nostro sistema giurisdizionale, è che fino ad ora nessun giudice di merito ha inteso pronunciarsi sulle svariate questioni, pur ritualmente prospettate, che riguardano la legittimità di questa strategia (peraltro contraria ai principi già enunciati dalla Cassazione con sentenza n. 4154/2018). Evidentemente, il fine di reprimere una condotta illecita appare sufficiente a giustificare i mezzi adottati, siano o meno legittimi; e la richiesta di rispetto delle norme procedurali (e dei sottostanti diritti del contribuente) non merita neppure una risposta da parte dei giudici. Ma un giudice super partes e soggetto alla legge non dovrebbe pronunciarsi su tali questioni, per garantire la legalità dell’azione amministrativa?